Il pagamento di un debito ereditario non implica l’accettazione tacita

Il pagamento del debito del “de cuius” che il chiamato effettua con denaro proprio non è un atto dispositivo e comunque suscettibile di menomare la consistenza dell’asse ereditario, ovvero tale che solo l’erede ha il diritto di compiere (Cass. 26-3-1965 n. 497), avuto riguardo all’art. 1180 c.c., che legittima qualsiasi terzo all’adempimento del debito altrui (Cass. 9-11-1974 n. 3492)“. (Cass. 14666-12)

Questa rilevante pronunzia fa luce sull’istituto dell’accettazione tacita dell’eredità, previsto dall’art. 476 c.c., che prevede che il chiamato all’eredità che compia un “un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede” accetta tacitamente l’eredità stessa.

Rilevante è la previsione “che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede“.

Per tale ragione, il pagamento di un debito ereditario, con danaro proprio, non implica tacita accettazione dell’eredità stessa, ben potendo chiunque adempiere ad un’obbligazione altrui, ai sensi dell’art. 1180 c.c., che prevede che “L’obbligazione può essere adempiuta da un terzo, anche contro la volontà del creditore, se questi non ha interesse a che il debitore esegua personalmente la prestazione“.

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