L’articolo 900 del codicie civile dichiara: “Le finestre o altre aperture sul fondo del vicino sono di due specie: luci, quando danno passaggio alla luce e all’aria, ma non permettono di affacciarsi sul fondo del vicino; vedute o prospetti, quando permettono di affacciarsi e di guardare di fronte, obliquamente o lateralmente”
In altri termini, le vedute consentono di poter guardare sul fondo del vicino (inspicere) senza l’ausilio di mezzi meccanici e anche di poter sporgere il capo su di esso (prospicere) per vedere di fronte, obliquamente o lateralmente.
A differenza delle vedute, le luci consentono l’accesso ed il passaggio di aria e di luce, ma non sono in grado di garantire la possibilità di vista né tanto meno l’affaccio sul fondo altrui (Cass. 13 agosto 2014, n. 17950). Allo scopo di garantire la sicurezza e la riservatezza del vicino, il legislatore si è premurato di imporre determinati parametri da rispettare ai sensi dell’articolo 901 del codice civile:
“Le luci che si aprono sul fondo del vicino devono:
1) essere munite di un’inferriata idonea a garantire la sicurezza del vicino e di una grata fissa in metallo le cui maglie non siano maggiori di tre centimetri quadrati;
2) avere il lato inferiore a un’altezza non minore di due metri e mezzo dal pavimento o dal suolo del luogo al quale si vuole dare luce e aria, se esse sono al piano terreno, e non minore di due metri se sono ai piani superiori;
3) avere il lato inferiore a un’altezza non minore di due metri e mezzo dal suolo del fondo vicino, a meno che si tratti di locale che sia in tutto o in parte a livello inferiore al suolo del vicino e la condizione dei luoghi non consenta di osservare l’altezza stessa”
Qualora una luce non rispetti i criteri stabiliti verrà considerata comunque una luce, ma irregolare ed il vicino, in qualsiasi momento, avrà il diritto di pretendere che la stessa venga resa regolare (art. 902, comma 2, c.c., ma anche Cass. 10 gennaio 2013, n. 512).
In tema di condominio e spazi comuni, tali limitazioni trovano una deroga.
Essendo il condominio caratterizzato dalla presenza di una pluralità di unità immobiliari che insistono nel medesimo fabbricato, i diritti ed obblighi di chi vi abita vanno ricondotti alla disciplina dell’articolo 1102, comma 1, c.c.: “Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa”.
Prendendo ad esempio lo spazio comune del cortile condominiale, il quale ha la preminente finalità di dare aria e luce agli immobili circostanti, l’apertura di luci o vedute, pertanto, rientrerà nei poteri spettanti ai condomini ex art. 1102 c.c., sempre che tali modalità d’uso non ostacolino il godimento da parte degli altri compartecipi dello spazio comune, né pregiudichino gli altri immobili (Cassazione civile sez. II, 19/07/2018, n. 19265).
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