
L’assegno divorzile è disciplinato nell’art. 5, co. 6, L. 898/1970.
La Suprema Corte negli ultimi anni si è pronunciata diverse volte sulla funzione di tale assegno.
L’articolo in esame stabilisce che “Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive“.
Fino al 2017 la giurisprudenza era concorde nell’affermare che il presupposto su cui concedere l’assegno di mantenimento fosse relativo all’inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente a conservare un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, senza che fosse necessario provare uno stato di bisogno dell’avente diritto.
Cass. civ. sez. I, 10 maggio 2017, n° 11504
Questa sentenza rappresenta una rivoluzione in ambito di assegno divorzile poiché ha ritenuto superato il criterio del tenore di vita matrimoniale perché, si legge nella sentenza, “ormai generalmente condiviso nel costume sociale il significato del matrimonio come atto di libertà e di autoresponsabilità, nonché come luogo degli affetti e di effettiva comunione di vita, in quanto tale dissolubile” rilevando, pertanto, la mancanza di interesse giuridicamente tutelato del coniuge nel preservare il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.
In questa storica pronuncia la Suprema Corte per valutare il diritto (o meno) all’assegno di divorzio individua un parametro diverso cioè il “raggiungimento dell’indipendenza economica” del coniuge richiedente. Infatti, se la sua indipendenza economica viene accertata allora viene meno il diritto all’assegno.
Sono tre i principali indici di valutazione di tale indipendenza:
1. Possesso di redditi di qualsiasi specie e/o di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari;
2. Le capacità e possibilità effettive di lavoro personale (in relazione alla salute, all’età, al sesso ed al mercato del lavoro dipendente o autonomo);
3. La stabile disponibilità di una casa di abitazione.
La funzione equilibratrice-perequativa: SS.UU., 11 luglio 2018, n. 18287
Nel 2018 le Sezioni Unite della Suprema Corte disattendono il criterio dell’indipendenza economica affermando, invece, una funzione assistenziale e in misura perequativo-compensativa.
In particolare, “Al fine d’indicare un percorso interpretativo che tenga conto sia dell’esigenza riequilibratrice posta a base dell’orientamento proposto dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 11490 del 1990 sia della necessità di attualizzare il diritto al riconoscimento dell’assegno di
divorzio anche in relazione agli standards europei, questa Corte ritiene di dover abbandonare la rigida distinzione tra criteri attributivi e determinativi dell’assegno di divorzio, alla luce di una interpretazione dell’art. 5, c.6, più coerente con il quadro costituzionale di riferimento costituito, come già evidenziato, dagli artt. 2, 3 e 29 Cost.”.
Nella sentenza si afferma che l’art. 5 .c 6, della L.n. 898/1970 attribuisce all’assegno di divorzio una funzione assistenziale, riconoscendo all’ex coniuge li diritto all’assegno di divorzio quando non abbia mezzi “adeguati” e non possa procurarseli per ragioni obiettive.
Il giudizio di adeguatezza impone una valutazione composita e
comparativa che trova nella prima parte della norma i parametri
di riferimento. La situazione economico-patrimoniale del
richiedente costituisce fondamento della valutazione di adeguatezza
che non va assunta come una premessa meramente
fenomenica ed oggettiva. Infatti è solo mediante una puntuale ricomposizione del profilo soggettivo del richiedente che non trascuri l’incidenza della relazione matrimoniale sulla condizione attuale, la valutazione di adeguatezza può ritenersi effettivamente fondata sul principio di solidarietà che, come illustrato, poggia sul cardine costituzionale fondato della pari dignità dei coniugi.
La funzione assistenziale dell’assegno di divorzio si compone di un contenuto perequativo-compensativo che deve tener conto non soltanto del raggiungimento di un grado di autonomia economica tale da garantire l’autosufficienza, secondo un parametro astratto ma, in concreto, di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali ed economiche eventualmente sacrificate, in considerazione della durata del matrimonio e dell’età del richiedente.
Lascia un commento