Le Dimissioni per Fatti Concludenti alla Luce dell’Obbligo delle Dimissioni Telematiche

Con l’introduzione delle dimissioni telematiche attraverso il Jobs Act (D.Lgs. 151/2015), il legislatore ha cercato di contrastare le dimissioni “in bianco” e di garantire che ogni cessazione del rapporto di lavoro avvenga in modo chiaro e formalizzato. Questo strumento obbliga i lavoratori subordinati a presentare le dimissioni tramite una procedura telematica ufficiale, accessibile sul portale del Ministero del Lavoro o tramite intermediari abilitati.

Tuttavia, nonostante l’introduzione di questa disciplina formale, la giurisprudenza italiana non ha completamente abbandonato l’istituto delle dimissioni per fatti concludenti, che rappresentano una fattispecie di cessazione del rapporto di lavoro basata su comportamenti inequivocabili del lavoratore, tali da manifestare implicitamente la volontà di recedere dal contratto.

Dimissioni Telematiche: La Regola

A partire dal 2016, le dimissioni volontarie devono essere presentate esclusivamente tramite la procedura telematica, in conformità all’art. 26 del Jobs Act. La finalità di questa normativa è di proteggere i lavoratori da eventuali abusi, come la prassi delle dimissioni in bianco, e di garantire trasparenza nella gestione del rapporto di lavoro. La legge prevede che, in assenza di dimissioni telematiche, le dimissioni non sono valide, rendendo necessario il rispetto della forma prescritta.

Dimissioni per Fatti Concludenti: Un’eccezione alla Regola?

Le dimissioni per fatti concludenti sono storicamente riconosciute dalla giurisprudenza quando il comportamento del lavoratore è talmente chiaro e inequivocabile da far ritenere che egli abbia voluto interrompere il rapporto di lavoro senza necessità di una dichiarazione espressa. Un esempio classico è l’assenza ingiustificata dal lavoro per un periodo prolungato o l’abbandono del posto di lavoro senza giustificazione.

Una recente Giurisprudenza ha ribadito che l’obbligo delle dimissioni telematiche non preclude completamente la possibilità di riconoscere dimissioni per fatti concludenti, ma queste devono essere comprovate da un comportamento tale da non lasciare spazio a dubbi interpretativi. La giurisprudenza ha confermato che, in situazioni di abbandono prolungato e ingiustificato del lavoro, l’assenza può essere considerata un atto di volontà implicita da parte del lavoratore di risolvere il rapporto di lavoro, anche se non formalizzata tramite la procedura telematica.

La Necessità di un Comportamento Inequivocabile

La chiave per riconoscere le dimissioni per fatti concludenti risiede nella chiarezza del comportamento del lavoratore. Non basta un’assenza temporanea o un comportamento ambiguo. È necessario che l’atto del lavoratore sia talmente evidente da escludere ogni altra interpretazione se non quella della cessazione volontaria del rapporto di lavoro. Tuttavia, la semplice mancanza di presentazione delle dimissioni tramite la procedura telematica non è sufficiente per configurare automaticamente una risoluzione consensuale del rapporto.

Inoltre, le aziende devono agire con cautela. Se il datore di lavoro accetta implicitamente comportamenti ambigui senza sollecitare il lavoratore a chiarire la sua posizione, potrebbe trovarsi di fronte a una contestazione legale. Di conseguenza, la giurisprudenza invita i datori di lavoro a documentare in modo rigoroso eventuali assenze o comportamenti concludenti, sollecitando il lavoratore a formalizzare le sue dimissioni o a rientrare al lavoro.

Jobs Act e Giurisprudenza: Un Equilibrio Complesso

In sintesi, l’obbligo delle dimissioni telematiche rappresenta oggi la regola per la cessazione del rapporto di lavoro, ma la giurisprudenza continua a riconoscere le dimissioni per fatti concludenti in casi particolari, laddove il comportamento del lavoratore sia inequivocabile. È importante che le aziende rimangano vigili su questo punto, documentando ogni passaggio e attivandosi tempestivamente per evitare contenziosi.

L’Ordinanza della Cassazione n. 27331/2023

Nell’ordinanza n. 27331/2023 della Corte di Cassazione, viene ribadita la necessità della procedura telematica per le dimissioni imposta dal Jobs Act, rendendo inefficaci le dimissioni non formalizzate in questa modalità. Il caso specifico pareva riguardare però dimissioni orali, considerate inefficaci perché non conformi alla normativa vigente.

La Corte di Cassazione si poneva dunque a difesa della certezza del diritto, stabilendo che la forma telematica è oggi un requisito fondamentale, riducendo i margini per un riconoscimento implicito delle dimissioni, anche se frutto di comportamenti concludenti.

In realtà, ciò non preclude la sostenibilità del ragionamento propugnato dalla Giurisprudenza del Tribunale di Udine (Sent. n. 20 del 27 maggio 2022): “essendo rimasta immutata la facoltà di libero recesso prevista dall’art. 2118 cod. civ., le dimissioni possono continuare a configurarsi come valide, almeno in ipotesi specifiche, anche per effetto di presupposti diversi da quelli della avvenuta formalizzazione telematica imposta con la novella del 2015. L’art. 26 del D.Lgs. n. 151/2015, invero, non può che disciplinare, per logica coerenza, la sola eventualità in cui la volontà del lavoratore si concretizzi in una manifestazione istantanea, ove vi è l’esigenza di incardinare la stessa in un atto formale al fine di prevenire ogni tipo di abuso e, in particolare, il fenomeno delle c.d. “dimissioni in bianco”, al quale la novella aveva inteso porre rimedio. Si deve ritenere, di contro, che non sia affatto riconducibile all’ambito applicativo dell’esaminato art. 26 il diverso caso in cui la volontà risolutiva del lavoratore dipendente si sia sostanziata, come accaduto nella vicenda al vaglio, in un contegno protrattosi nel tempo e palesatosi in una serie di comportamenti -anche omissivi- idonei ad assicurare un’agevole verifica della sua genuinità.”

Conclusioni

L’introduzione delle dimissioni telematiche ha certamente reso più trasparente e formale il processo di cessazione volontaria del rapporto di lavoro. Tuttavia, la giurisprudenza mantiene aperta la porta alla possibilità delle dimissioni per fatti concludenti, a patto che il comportamento del lavoratore sia chiaro e non vi siano ambiguità interpretative. In un quadro normativo e giurisprudenziale in continua evoluzione, è fondamentale che datori di lavoro e lavoratori siano consapevoli delle regole e delle eccezioni applicabili al loro specifico caso.

Questo equilibrio tra normativa formale e flessibilità giurisprudenziale rappresenta una delle sfide più interessanti per la gestione moderna dei rapporti di lavoro.

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