
La L. n. 89/2001, c.d. Legge Pinto, ha previsto il diritto alla equa riparazione per la mancata osservanza dei termini e, pertanto, della ragionevole durata del processo.
Tale principio viene affermato da principi sovranazionali, nello specifico dall’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
L’art. 111 Cost., co. 2, prevede che “Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata“.
Il principio del giusto processo, infatti, viene introdotto nella Costituzione italiana solo nel 1999, con la Legge Cost. n. 2/1999.
L’italia, quindi, per dare effettiva attuazione a quanto previsto in tema si è spesa nell’introduzione di alcune riforme che hanno abbreviato la durata dei processi ma, inoltre, ha introdotto la c.d. Legge Pinto. Ciò in quanto la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha più volte condannato l’Italia con riferimento all’irragionevole lungaggine processuale.
Con la legge Pinto si è introdotto un ricorso nazionale per l’accertamento dell’irragionevole durata del processo nonché per la quantificazione del relativo indennizzo.
La competenza a decidere riguardo a chi abbia subito un danno patrimoniale o un danno non patrimoniale spetta alla Corte d’appello del distretto in cui ha sede il giudice innanzi al quale si è svolto il giudizio di primo grado.
Quando il termine di considera rispettato?
Se il processo non eccede la durata di: tre anni in primo grado; due anni in secondo grado; un anno nel giudizio di legittimità.
Se il procedimento di esecuzione forzata si è concluso in tre anni.
Se la procedura concorsuale si è conclusa in sei anni.
Se il giudizio viene definito in modo irrevocabile in un tempo non superiore a sei anni.
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