La Corte di Cassazione, dopo le ultime sentenze che lasciavano presagire un’apertura sul tema, torna a confermare la nullità dei patti stipulati dai coniugi in vista del divorzio con l’ordinanza n. 11012 del 26 aprile 2021.
In particolare la Suprema Corte ha affermato che “gli accordi con i quali i coniugi fissano, in sede di separazione, il regime giuridico-patrimoniale in vista di un futuro ed eventuale divorzio sono invalidi per illiceità della causa, perché stipulati in violazione del principio fondamentale di radicale indisponibilità dei diritti in materia matrimoniale di cui all’art. 160 c.c. Ne consegue che di tali accordi non può tenersi conto non solo quando limitino o addirittura escludano il diritto del coniuge economicamente più debole al conseguimento di quanto necessario a soddisfare le esigenze della vita, ma anche quando soddisfino pienamente tali esigenze, in quanto una preventiva pattuizione potrebbe determinare il consenso alla dichiarazione della cessazione degli effetti civili del matrimonio”.
Il diritto all’assegno divorzile, infatti, non è un diritto soggettivo disponibile, in quanto derivante dal matrimonio ed avente natura assistenziale.
Inoltre, come già precisato in precedenza dalla Corte (Sent. n. 2224/17 e Sent. n. 5302/06), e ribadito nella presente ordinanza, una pattuizione preventiva di questo genere potrebbe condurre alla “commercializzazione” del consenso alla cessazione del rapporto matrimoniale, ovvero condizionare il coniuge debole, sino a determinare una limitazione della sua libertà.
Per tali ragioni la Corte ha previsto che, qualora in sede di separazione i coniugi abbiano pattuito anche la corresponsione di un assegno dell’uno e a favore dell’altro da versarsi “vita natural durante”, il giudice del divorzio, dovrà preliminarmente provvedere a qualificare la natura di tale accordo e verificare che la causa dello stesso non si ponga in contrasto con il dettato dell’art. 160 c.c. che stabilisce l’inderogabilità dei diritti e doveri discendenti dal matrimonio.
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