Il richiedente riferiva d’essere legalmente separata dal proprio coniuge da circa vent’anni, senza aver, all’epoca, richiesto assegno di mantenimento nonostante le condizioni economiche del coniuge fossero maggiormente agiate rispetto alle sue.
Comunicava l’intenzione del coniuge di richiedere la cessazione degli effetti civili del matrimonio: il divorzio.
Chiedeva, quindi, se fosse possibile domandare, in tale sede, la corresponsione di assegno divorzile.
La risposta
La normativa che disciplina tale aspetto economico dello scioglimento del matrimonio è la Legge n. 898 del 1° dicembre 1970, in particolare all’art. 5, come modificato dalla L. n. 74/87.
Il sesto comma di tale articolo prevede che: “Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive”.
A seguito della riforma, all’assegno c.d. divorzile è stata attribuita una natura unicamente assistenziale.
Vi è quindi un unico presupposto che deve essere valutato per individuare i casi in cui l’assegno divorzile potrebbe risultare dovuto, mentre vi sono diversi elementi su cui indagare per la quantificazione del medesimo.
Per la valutazione sull’an, ossia per verificare se l’assegno risulti dovuto, il Giudice dovrà valutare l’assenza di mezzi adeguati in capo al coniuge richiedente, per la quantificazione, invece, dovrà valutare le disparità economiche, le ragioni del divorzio, nonché il patrimonio di ciascuno dei coniugi.
Non bisogna però intendere con la locuzione “mancanza di mezzi adeguati” la sussistenza di uno stato di bisogno (cioè l’impossibilità di mantenersi decorosamente) del coniuge richiedente.
Come infatti è stato più volte ribadito dalla Corte di Cassazione “il presupposto per l’attribuzione del predetto assegno è costituito dall’inadeguatezza di mezzi del coniuge richiedente per conservare un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio, senza che sia necessario uno stato di bisogno dell’avente diritto e rilevando invece l’apprezzabile deterioramento, in dipendenza del divorzio, delle precedenti condizioni economiche, le quali devono essere tendenzialmente ripristinate, per ristabilire un certo equilibrio” (sentt. n. 3049/94 n. 12682 del 1992, n. 3019/92, n. 1809/91, nn. 11489-11490-11491-11942 del 1991, n. 1322/89).
Relativamente alla circostanza che a seguito della separazione non sia stato richiesto mantenimento alcuno, si rileva la relativa ininfluenza della stessa, ai fini dell’accertamento delle condizioni per l’attribuzione dell’assegno di divorzio, come anche precisato dalla Suprema Corte con sentenza n. 2756/09: “E’ ininfluente, ai fini dell’accertamento delle condizioni per l’attribuzione dell’assegno di divorzio, il fatto che il coniuge richiedente abbia, al momento degli accordi della separazione consensuale, rinunciato a pretendere l’assegno di mantenimento di cui all’art. 156 c.c., circostanza che nel giudizio di divorzio non può che essere considerata alla stregua di un mero indizio di autosufficienza economica”.
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