La richiedente aveva chiesto la separazione con addebito a suo marito in seguito alla scoperta dei continui tradimenti dello stesso.
Il marito due anni prima aveva chiesto la separazione, tuttavia i coniugi si erano riconciliati.
La motivazione addotta dal marito per quella richiesta era da questo identificata nel rifiuto della moglie ad avere rapporti sessuali con lui; la moglie tuttavia riferiva che tali rifiuti erano sporadici e causati da dissapori nella coppia.
La risposta
L’addebito della separazione può essere dichiarato in caso di inadempimento dei doveri coniugali tale da provocare la crisi coniugale e la conseguente intollerabilità della prosecuzione della convivenza.
Il rifiuto dei rapporti sessuali se continuativo e prolungato nel tempo può costituire motivo di addebito.
In tal senso si è pronunziata anche la Suprema Corte, con sentenza 24 gennaio-23 marzo 2005 n. 6276: “Nell’ipotesi in cui i fatti accertati a carico di un coniuge (nella specie, il rifiuto di intrattenere rapporti affettivi e sessuali con il coniuge per sette anni) integrino violazione di norme di condotta imperative e inderogabili, in quanto si traducano nell’aggressione a beni e diritti fondamentali della persona, quali l’incolumità e l’integrità fisica, morale e sociale e la dignità dell’altro coniuge, così superando la soglia minima di solidarietà e di rispetto per la personalità del partner, essi sfuggono a ogni giudizio di comparazione, non potendo in alcun modo essere giustificati come atti di reazione o ritorsione rispetto al comportamento dell’altro“.
Si può tuttavia rilevare, da tale sentenza, come i Giudici di legittimità abbiano dichiarato lesivo dei doveri coniugali il rifiuto di rapporti sessuali quando “sfugge a ogni giudizio di comparazione”, non già in ogni caso.
Di talché ove potesse sostenersi che il rifiuto fosse motivato dall’irascibilità del coniuge e comunque che le modalità dello stesso non fossero tali (per occasionalità) da tradursi in una lesione ai diritti fondamentali del coniuge medesimo, ciò non costituirebbe motivo d’addebito.
D’altro canto, invece, il tradimento è chiaramente una violazione di uno dei doveri fondamentali derivanti dal matrimonio (art. 143 c.c.) e, se tale da minare la comunione materiale e spirituale che deve caratterizzare il matrimonio, costituisce motivo per l’addebito.
Ed anche nell’ipotesi in cui siano entrambi i coniugi a violare i doveri che discendono dal matrimonio il Giudice deve procedere ad un raffronto dei comportamenti tenuti da entrambe le parti per valutare quale sia stato (ed in quale misura) alla base della crisi (Cass. 6697/09).
Ovviamente, affinché una violazione dei doveri coniugali costituisca motivo di addebito, essa deve essere la causa della separazione: se già la prosecuzione del rapporto coniugale diveniva insostenibili per altre motivazioni, la violazione dei doveri coniugali è “un sintomo e non una causa” ed, in quanto tale, non giustifica la richiesta di addebito.
Lascia un commento