Ancorché nel nostro ordinamento i cd. patti prematrimoniali non abbiano – ad oggi – alcuna previsione normativa, la necessità che essi trovino adeguata disciplina, nasce dalla circostanza che siffatti accordi patrimoniali, già utilizzati dalle parti, spesso causino incomprensioni e litigi tra i coniugi che addivengono ad una separazione.
Il Governo ha, infatti, in programma qualcosa per questi accordi: la possibilità che vengano stipulati è prevista da un disegno di legge delega per la riforma del Codice civile, approvata a fine febbraio e in attesa di iniziare l’esame al Senato.
Il disegno di legge in parola, infatti, delega il Governo a “consentire la stipulazione tra i nubendi, tra coniugati e anche tra le parti di una unione civile di accordi che vadano a regolare e disciplinare – sempre nel rispetto delle norme imperative dei diritti fondamentali, del buon costume e dell’ordine pubblico, sia i rapporti personali e patrimoniali anche in previsione dell’eventuale epilogo del rapporto, che l’indirizzo della vita familiare e l’educazione dei figli”.
Sebbene sia una delega poco nutrita, avvicinandoci di tal maniera alla figura dei cd. prenuptial agreements, si potrebbe permettere una risoluzione dei conflitti che, in futuro o alla fine della relazione, potrebbero presentarsi: se il D.d.l. troverà approvazione e realizzazione concreta si potranno stabilire le spettanze in caso di scioglimento dell’unione, la sorte del patrimonio, la residenza, la scuola da prediligere per la prole, restando comunque prerogativa della magistratura la scelta sul regime di affidamento dei figli.
Vi è da precisare, però, che sino ad oggi la giurisprudenza ha negato i patti prematrimoniali e ciò sulla base di due ordini di motivi:
- l’indisponibilità dei beni coinvolti (il nostro codice vieta deroghe ai diritti e ai doveri matrimoniali);
- il timore che il partner bisognoso sia indotto a rinunciare al divorzio o ad accettare condizioni inique senza alcuna supervisione da parte dei legali e del giudice (così la Suprema Corte di Cassazione, n. 3777/81 e 2224/2017; Corte d’Appello di Napoli, 911/2018).
Nonostante, dunque, nella maggior parte dei casi i giudici ne dichiarino la nullità, vi sono state alcune pronunce giurisprudenziali che ne hanno riconosciuto rilevanza giuridica.
Infatti, iniziano ad emergere alcuni segnali positivi e favorevoli alle intese: ad esempio alcune pronunce di merito e di legittimità hanno convalidato l’impegno a intestare un immobile al futuro consorte per ristorarlo delle spese di ristrutturazione della casa familiare (Cassazione 23713/2012). Degna di nota è, altresì, una recente pronuncia della Cassazione a Sezioni unite, che preferendo alla visione assistenziale dell’assegno divorzile quella compensativa dell’apporto fornito al ménage casalingo, apre, implicitamente, alla possibilità di negoziare l’assegno mensile.
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