Assegno divorzile e convivenza del coniuge beneficiario

L’obbligo di corrispondere l’assegno divorzile all’ex coniuge, che ha intrapreso una nuova convivenza more uxorio, connotata da caratteri di stabilità e continuità, non resta più sospeso, nell’attesa di riprendere vigore nell’eventuale ipotesi di fallimento della nuova unione, ma cessa definitivamente.

In tal senso si è pronunciata la Cassazione con sentenza n. 6855/2015, che muta l’orientamento precedente (Cass. 17195/2011) in materia di assegno divorzile.

Ora il coniuge obbligato non dovrà più corrispondere alcunché al beneficiario, se questi ha scelto volontariamente di ricostruirsi una nuova famiglia.

Con recente ordinanza  (Cass. Ord. n. 25528/16) la Suprema Corte ha altresì enunciato come, ai fini della cessazione della corresponsione dell’assegno divorzile, non possa rilevare la condizione di disoccupazione del nuovo convivente.

Colui che crea con altri una nuova famiglia, seppur di fatto, con tutti i connotati tipici sul piano affettivo ed economico, tanto più se suggellata dalla nascita di un figlio, in virtù del principio di auto responsabilità, accetta la rinunzia al sostentamento da parte del precedente legittimo partner, ben potendo fare affidamento su altre risorse spirituali ed economiche derivanti dalla nuova unione di fatto assumendosi il rischio che da tale rapporto potrebbe non ricevere sufficienti risorse economiche necessarie al proprio sostentamento.

Scegliendo, infatti, di recedere ogni legame con il precedente rapporto matrimoniale e venendo pertanto meno ogni vincolo solidaristico post matrimoniale tra gli ex coniugi, non è corretto, secondo la Corte, che l’obbligato si faccia carico e provveda al mantenimento della nuova famiglia.

Pertanto l’esclusione di ogni residua solidarietà successivamente alla cessazione o allo scioglimento del vincolo con l’ex coniuge e l’esonero definitivo dall’obbligo di corrispondere l’assegno divorzile, opera indubbiamente anche qualora il nuovo compagno con cui si instaura una convivenza more uxorio sia disoccupato.

Se così non fosse l’assegno non svolgerebbe più una funzione assistenziale, ossia di giusto contributo al sostentamento del beneficiario in rapporto al pregresso tenore di vita, ma si configurerebbe quale mera fonte di reddito per il beneficiario.

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