Alcune precisazioni sulla successione di una persona i cui unici parenti superstiti siano cugini di pari grado, anche se figli di zii differenti.
L’eredità è il complesso dei rapporti patrimoniali trasmissibili attivi e passivi, facenti capo al de cuius al momento del decesso.
Le norme relative alla devoluzione dell’eredità sono stabilite dal Codice civile, agli artt. 456 e seguenti.
Nel caso il de cuius non abbia lasciato testamento, l’eredità si devolve, secondo quella che viene definita successione legittima, ai successibili determinati ex lege.
L’art. 565 c.c. individua i successibili nelle seguenti persone: il coniuge, i discendenti legittimi, gli ascendenti legittimi, i collaterali, gli altri parenti e, infine, lo stato.
I successivi artt. 566 e ss c.c. definiscono le regole di successione dei parenti, secondo quella che è una “scala” nella quale ciascuna categoria di successibili esclude la successiva (con l’eccezione dei genitori e degli ascendenti rispetto a fratelli e sorelle).
Di talché primi successibili sono il coniuge ed i figli; in assenza di questi succedono i genitori, poi gli altri ascendenti, di seguito fratelli e sorelle ed infine gli altri parenti.
I cugini, figli di fratelli del genitore, sono compresi nella categoria degli “altri parenti” che succedono qualora manchino tutte le categorie precedenti.
La norma che regola la successione degli altri parenti è l’art. 572 c.c.: “se alcuno muore senza lasciare prole, né genitori, né altri ascendenti, né fratelli o sorelle o loro discendenti, la successione si apre a favore del parente o dei parenti prossimi, senza distinzione di linea”.
Analizzando quindi la norma si può constatare come, quando manchino i precedenti successibili, la successione si apra a favore del parente o dei parenti prossimi, ossia più vicini.
Da ciò deriva che, individuato il parente od i parenti più vicini nel grado di parentela, senza distinzione di linea (materna o paterna), a favore di costoro si apra la successione, con esclusione di altri parenti meno prossimi.
Relativamente alla misura in cui l’eredità viene devoluta, si evidenzia che, a differenza di quanto avviene per la successione concorrente di coniuge e figli o di genitori e fratelli od ancora dei fratelli unilaterali, la legge non stabilisce le quote di eredità degli “altri parenti”.
Pertanto, in difetto di particolare distinzione normativa, la successione non può che seguire le norme generali: i parenti prossimi saranno chiamati congiuntamente all’eredità.
Quando l’eredità è acquistata da più persone si forma, su tutti i beni ereditati, una comunione tra i coeredi.
Alla comunione ereditaria si applicano le regole generali stabilite in materia di comunione dagli artt. 1100 e ss c.c.
A titolo riepilogativo si riporta che le quote dei partecipanti alla comunione ereditaria sono eguali, ciascun partecipante può servirsi della res communis, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri di farne parimenti uso; ciascun partecipante deve contribuire alle spese necessarie per la conservazione della res, tutti hanno diritto di concorrere all’amministrazione dei beni in comunione.
Importante differenza con la comunione ordinaria è posta dall’art. 732 c.c., che prevede il diritto di prelazione dei coeredi allorquando uno di essi decida di alienare a terzi la propria quota.
Lo stato di comunione cessa con la divisione: tale atto sostituisce alla comunione la diversa situazione nella quale ciascuno degli ex partecipanti ottiene la titolarità esclusiva su una parte determinata della res communis.
Regola generale, tanto per la comunione ereditaria, quanto per ogni altra specie di comunione, è che ogni coerede possa sempre domandare la divisione, come risulta dall’art. 713 c.c., sia essa effettuata contrattualmente ovvero giudizialmente.
Alla luce di quanto sopra riportato, appare evidente che rientrando i cugini di pari grado (anche se di stirpi differenti) nella categoria dei successibili fra gli “altri parenti”, ed essendo tutti di medesimo grado (altrimenti i più vicini escluderebbero gli altri), gli stessi succedano al de cuius in qualità di coeredi, quindi con eguali diritti (o quote) sull’intera eredità.
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