La messa alla prova nel processo penale

Con la Legge 28.04.2014 n. 67, in materia di delega al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio, è stata introdotto l’istituto della cosiddetta probation, ossia della messa alla prova per gli adulti, in vigore dal 17.05.2014.

L’istituto in esame era già presente nel procedimento penale a carico di minorenni; in particolare, l’art. 28 D.P.R. 448/1988 prevede che “1. Il Giudice, sentite le parti, può disporre con ordinanza la sospensione del processo quando ritiene di dover valutare la personalità del minore all’esito della prova disposta a norma del comma 2. Il processo è sospeso per un periodo non superiore a tre anni quando si procede per reati per i quali è prevista la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a dodici anni; negli altri casi, per un periodo non superiore ad un anno. Durante tale periodo è sospeso il corso della prescrizione. 2. Con l’ordinanza di sospensione il giudice affida il minorenne ai servizi minorili dell’amministrazione della giustizia per lo svolgimento, anche in collaborazione con i servizi locali, delle opportune attività di osservazione, trattamento e sostegno. Con il medesimo provvedimento il giudice può impartire prescrizione dirette a riparare le conseguenze del reato e a promuovere la conciliazione del minorenne con la persona offesa dal reato. […]”.

Per quanto attiene l’imputato maggiorenne, la messa alla prova ha trovato collocazione nel nuovo titolo quinto bis del codice di procedura penale, agli artt. 464bis e seguenti, e nell’art. 168bis c.p.

L’ambito di applicazione dell’istituto è limitato ai soli reati puniti con la pena pecuniaria, ovvero con la pena edittale detentiva non superiore a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria; inoltre, la messa alla prova può essere richiesta anche quando si procede per i delitti indicati dall’art. 550 comma 2 c.p.p.

Oltre ai limiti derivanti dalla gravità del reato, che possono essere definiti “oggettivi”, ve ne sono di ulteriori, che possono essere definiti “soggettivi”.

Infatti, la messa alla prova non può essere concessa all’imputato che ne abbia già beneficiato una volta né a coloro i quali sono stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza, né a chi abbia fallito la prova o abbia subito la revoca dell’ordinanza di ammissione.

La richiesta di sospensione del procedimento penale con messa alla prova può essere avanzata personalmente dall’imputato o dal difensore munito di procura speciale, entro termini perentori previsti dall’art. 464 bis c.p.p.; oltre tali termini, la richiesta sarà rigettata dal Giudice perché considerata inammissibile.

È da evidenziare come, dall’ordinanza con la quale il Giudice concede la messa alla prova, il termine di prescrizione resta sospeso fino all’esito della misura. La sospensione non può essere superiore a due anni, qualora si tratti di reati per il quali è prevista una pena detentiva (sola, congiunta o alternativa a pena pecuniaria), o ad un anno qualora si tratti di reati puniti con la sola pena pecuniaria.

Quanto al contenuto della misura, l’art. 168bis c.p. prevede che “… La messa alla prova comporta la prestazione di condotte volte alla eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, nonché, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato. Comporta altresì l’affidamento dell’imputato al servizio sociale, per lo svolgimento di un programma che può implicare, tra l’altro, attività di volontariato di rilievo sociale, ovvero l’osservanza di prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale o con una struttura sanitaria, alla dimora alla libertà di movimento, al divieto di frequentare determinati locali. La concessione della messa alla prova è inoltre subordinata alla prestazione di lavoro di pubblica utilità. […]”.

In caso di esito positivo della messa alla prova, il Giudice dichiara estinto il reato con sentenza; in caso di esito negativo, il procedimento penale riprenderà il suo corso.

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