Il contenuto del diritto di proprietà è previsto dall’art. 832 c.c., in base al quale il proprietario ha il diritto di godere e disporre delle proprie cose in modo pieno ed esclusivo.
Ciò significa che il proprietario può trarre dal proprio bene tutte le utilità che esso è in grado di fornire, decidendo al contempo se utilizzarlo o meno, e come eventualmente utilizzarlo; può inoltre cedere ad altri soggetti, in tutto od in parte, i propri diritti sul bene.
La proprietà si caratterizza quindi per la sua pienezza, poichè il titolare di tale diritto può fare del proprio bene quello che ritiene, e per la sua esclusività, in quanto il proprietario ha il diritto di vietare ogni ingerenza dei terzi relativamente alle proprie scelte nell’ambito del godimento e della disposizione del bene.
Nel caso in cui il proprietario, a causa di un fatto del terzo, perda il proprio diritto dominicale o venga fortemente limitato nel relativo esercizio, in capo ad egli sorge il diritto al risarcimento dei danni.
Non intercorrendo alcun contratto tra il terzo ed il proprietario, avente ad oggetto il bene di proprietà del secondo, la responsabilità del terzo sarà di natura extracontrattuale.
La responsabilità extra contrattuale è disciplinata dall’art. 2043 c.p., in base al quale qualunque fatto doloso o colposo, che sia causa di un danno ingiusto altrui, obbliga colui che ha cagionato detto pregiudizio a risarcire il danneggiato.
Da ciò consegue che, a differenza dell’illecito penale, che è connotato dalla tipicità (nullum crimen sine lege), l’illecito civile è atipico.
Elementi necessari per la sua configurabilità sono il compimento di un fatto alternativamente doloso o colposo, il nesso di causalità tra il fatto ed il danno altrui, e l’ingiustizia dello stesso.
Per aversi ingiustizia del danno, è necessario che il comportamento dell’agente sia non iure e contra ius, ossia che vada a ledere un diritto soggettivo od un interesse giuridicamente rilevante tutelato dall’ordinamento, e non sia scriminato da alcuna causa di giustificazione.
Tali elementi dovranno, di regola, essere provati dal danneggiato, interessato ad ottenere un risarcimento per la lesione del proprio diritto.
La prova può essere data anche mediante presunzioni, le quali altro non sono che argomentazioni attraverso le quali, essendo già provata una determinata circostanza, si giunge a provare un’altra circostanza non dotata di una prova diretta.
Le presunzioni si dividono in legali, qualora sia la legge stessa che attribuisce valore di prova ad un fatto, e semplici, nel caso in cui la valutazione sia lasciata al prudente apprezzamento del giudice. Le presunzioni legali, a loro volta, si articolano in iuris et de iure, se non ammettono prova contraria, e iuris tantum, qualora invece ammettano tale prova.
Una presunzione iuris tantum si ha nel caso di occupazione senza titolo di un immobile altrui; in tale situazione, infatti, si ritiene che il danno patito dal proprietario sia in re ipsa, ossia si verifichi per il fatto stesso dell’occupazione dell’immobile da parte di un soggetto diverso dal proprietario. Infatti, generalmente, tale occupazione limita o impedisce al proprietario dell’immobile di godere e di disporre liberamente del proprio bene.
Tuttavia, trattandosi appunto di presunzione iuris tantum, quindi relativa, è possibile dimostrare che alcun danno in realtà si è prodotto, mediante prova contraria.
La configurabilità di tale danno presuppone che il proprietario eserciti in modo effettivo ed attuale i propri diritti sul bene, o quanto meno dimostri interesse relativamente ad esso. Nel caso in cui si disinteressi volontariamente e liberamente del proprio bene, omettendo di utilizzarlo in alcun modo e non esercitando su di esso alcuna signoria, in non si configurerà alcun concreto pregiudizio alle facoltà di disposizione e di godimento del proprietario.
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