Convivenza e arricchimento senza causa

Come noto, i rapporti patrimoniali nell’ambito dei rapporti familiari di fatto sono regolati dal principio di base per il quale le prestazioni rese nell’ambito di una convivenza more uxorio debbono essere riferite all’adempimento di un’obbligazione naturale.

Sicchè non sussisterebbero i presupposti per esperire, al termine del rapporto di fatto, azioni volte al conseguimento di assegni alimentari o di mantenimento in analogia con quanto previsto a favore del coniuge in caso di separazione o divorzio nell’ambito della famiglia legittima.

Tuttavia, La Suprema Corte, con la sentenza n. 11330 del 15 maggio 2009, puntualizzava che, laddove la ricostruzione in termini di obbligazione naturale delle prestazioni rese dai coniugi nell’ambito delle convivenze more uxorio può condividersi per quelle prestazioni che possiedano i caratteri della proporzionalità e dell’adeguatezza in relazione a tutte le circostanze del caso, con riferimento alle prestazioni eccedenti detto limite non può escludersi la possibilità di esperire l’ azione d’ingiustificato arricchimento da parte del coniuge convivente.

Tale azione trova la sua disciplina nell’art. 2041 c.c.

Ai sensi di tale norma, chiunque, senza una giusta causa, si sia arricchito a danno di un’altra persona risulta tenuto ad indennizzare quest’ultima della diminuzione patrimoniale.

Ci troviamo di fronte ad una norma di chiusura del diritto della disciplina delle obbligazioni, che concede uno strumento di tutela, esperibile in tutti i casi in cui tra due soggetti si verifichi uno spostamento patrimoniale (utiliter versum), tale che uno soggetto subisca danno e l’altro si arricchisca, senza una giusta causa.

La disposizione opera quando il “trasferimento di utilità economica non trova la sua giustificazione in una disposizione di legge oppure in una convenzione concordata tra le parti” (Cass. 5 maggio 1956, n. 1427, GC, 1956, I, 1247), nell’intento non già di risarcire il danno bensì di restituire e di ovviare a trasferimenti ingiustificati di ricchezza in ossequio al principio aristotelico di giustizia commutativa.

Presupposto dell’istituto in esame è la mancanza di giusta causa dello spostamento patrimoniale, ovvero la mancanza di una ragione che, secondo l’ordinamento, giustifichi il profitto o il vantaggio dell’arricchito.

La giurisprudenza ha sempre evitato di fornire una nozione generale di mancanza di giusta causa, limitandosi ad affermare che si ha ingiustificato arricchimento se il vantaggio di una parte consegue a una prestazione effettuata dall’altra parte in assenza di un titolo giuridico valido ed efficace (Cass. 12 marzo 2001, n. 3610, GI 2002, 1384).

Non trova peraltro giustificazione l’affermazione secondo la quale, non vi sarebbe indebito arricchimento qualora la causa dello spostamento patrimoniale fosse da ricercare in un adempimento dei doveri morali e civili di solidarietà e reciproca assistenza che, avuto riguardo alle condizioni sociali delle parti, devono presiedere alla famiglia di fatto.

Infatti, lo spontaneo comportamento improntato alla collaborazione, fedeltà, coabitazione ed asssistenza tra conviventi, integra ormai l’adempimento di un obbligazione naturale, salvo che vi sia una notevole sproporzione tra le reciproche parti.

A tal riguardo la Suprema Corte, con sentenza n. 3713 del 13 marzo 2003, affermava che un attribuzione patrimoniale a favore del convivente more uxorio configura l’adempimento di un obbligazione naturale a condizione che la prestazione risulti <Badeguata alle circostanza e proporzionata all’entità del patrimonio ed alle condizioni del solvens.

Viene meno, nei rapporti di convivenza, la presunzione della gratuità delle prestazioni rese da una parte nei confronti dell’altra quando risulti che la prestazione esula dai doveri di carattere morale e civile di mutua assistenza e collaborazione per riemergere, al contrario, sotto forma di mera operazione economico- patrimoniale.

Non costituisce infatti dovere morale del convivente quello di effettuare rilevanti e continui esborsi economici in favore dell’altro convivente” ( Cass. 11330/2009)

Commenti

Una risposta a “Convivenza e arricchimento senza causa”

  1. Avatar Romettor
    Romettor

    Ottimo e da prova di una solida preparazione teorica di base per cui il discorso giuridico appare ben costruito, consequenziale. e convincente. Avv. E.Romagnoli

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