La presunzione di contitolarità del conto corrente è un principio giuridico, il quale trova applicazione rispetto a conti correnti cointestati a due o più persone, generalmente familiari, coniugi o partner, ma anche colleghi o amici.
Tale principio stabilisce che, in mancanza di specifiche indicazioni, i fondi presenti sul conto corrente si presumono appartenere a tutti i soggetti contitolari in parti eguali.
Analisi della presuzione di contitolarità
Quando un conto corrente è cointestato, il patrimonio presente in esso viene considerato comune, pertanto tutti i correntisti hanno uguale facoltà accesso e controllo su di esso.
La presunzione in oggetto implica che, salvo prova contraria, si ritiene che ogni cointestatario possieda una quota pari del saldo presente sul conto, indipendentemente da chi ha effettivamente versato i fondi. Questo principio si basa sul diritto di reciprocità e uguaglianza tra i cointestatari, il quale favorisce praticità e semplificazione nelle operazioni bancarie congiunte.
La presunzione è tuttavia “relativa”, cioè può essere superata da prove contrarie. Infatti, se uno dei contitolari dimostra che il denaro presente proviene esclusivamente dal proprio lavoro o patrimonio, la suddivisione del saldo potrebbe non essere pari.
Per i cointestatari la sussistenza di tale presunzione porta con sé conseguenze pratiche importanti:
- Da una parte, rende più facile la gestione delle spese comuni, poiché entrambi i titolari possono operare sul conto senza necessità di approvazioni reciproche (salvo patti diversi con la banca).
- Dall’altra, in caso di conflitti, il principio di contitolarità può complicare le cose.
Possibili controversie possono aversi in merito a:
- Gestione dei prelievi e dei versamenti: poiché ogni cointestatario è libero di disporre del conto, uno dei due può ritirare somme anche considerevoli, senza il consenso dell’altro. Questo può generare contenziosi, in particolare in caso di separazione o divorzio, oppure in ambito aziendale.
- Assegnazione dei fondi in caso di decesso: come detto, gli eredi del cointestatario deceduto potrebbero rivendicare una quota superiore, portando a cause legali per la definizione delle proprietà.
Successione e conto corrente cointestato
In caso di decesso di uno dei cointestatari, la presunzione di contitolarità si riflette anche nella gestione delle successioni.
Infatti, se uno dei cointestatari viene a mancare la metà del saldo (o della quota attribuita) si trasferisce agli eredi del deceduto, salvo accordi differenti o disposizioni testamentarie.
Questo principio, però, può portare a controversie legali nel caso in cui gli eredi richiedano una diversa ripartizione dei fondi.
Per esempio, se il saldo è costituito in prevalenza da fondi personali del cointestatario deceduto, i suoi eredi potrebbero rivendicare una percentuale maggiore del 50%, presentando prove del fatto che il denaro apparteneva quasi esclusivamente al defunto.
Come si può superare la presunzione di contitolarità?
Tale presunzione può essere superata se si riesce a dimostrare che il denaro depositato è di proprietà esclusiva di uno solo dei cointestatari. La dimostrazione può avvenire tramite documentazione bancaria o contrattuale che attesti l’esclusiva provenienza dei fondi (per esempio, una donazione personale o un’eredità).
In assenza di prova contraria, i giudici ritengono provata la presunzione di contitolarità, concludendo che le somme appartengono a tutti i titolari in egual misura.
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