Avviso di accertamento

La locuzione “avviso di accertamento”, oggi impropria secondo certa dottrina, risale ad una normativa preunitaria, nella vigenza dalla quale esisteva un pregresso atto di accertamento, dotato di autonomia funzionale e prodromico all’avviso, la cui funzione era quella di informare il contribuente, rectius suddito, dell’accertamento medesimo.

Oggi l’avviso di accertamento è l’atto impositivo emesso dall’Ufficio a seguito di un procedimento d’accertamento, che non necessariamente deve concludersi con l’adozione di un provvedimento.

Nell’ambito dell’accertamento delle imposte dirette, l’avviso è disciplinato dall’art. 42 DPR600/73.
Tale norma prevede che l’avviso contenga “l’indicazione dell’imponibile […] accertamento, delle aliquote applicate e delle imposte liquidate, al lordo e al netto delle detrazioni, delle ritenute d’acconto e dei crediti d’imposta”.

Risulta evidente la ratio di garanzia di una previsione così dettagliata dal punto di vista contabile: il legislatore ha inteso mettere il contribuente in grado id controllare, ed eventualmente confutare, quanto accertato dall’Ufficio per ogni singola componente fiscale.

Relativamente alla motivazione, la norma ne prevede l’obbligo e ne disciplina anche il contenuto. Essa deve riferire all’accertamento, nonché delle ragioni giuridiche “che lo hanno determinato” con espresso riferimento alla tipologia di accertamento effettuato (sintetico, analitico-contabile, analitico-induttivo, induttivo-extracontabile) ed alle motivazioni che hanno giustificato il ricorso allo specifico metodo applicato, “con distinto riferimento ai singoli redditi delle varie categorie”.

È ammessa la motivazione per relationem, purché il riferimento riguardi un atto noto al contribuente ovvero sia allegato. Tra l’altro l’art. 7 dello Statuto del Contribuente prevede l’onere di allegare l’atto richiamato in ogni caso.

L’accertamento è un atto impositivo, la cui natura dichiarativa o costitutiva è dibattuta.
In ogni caso è l’espressione di un potere della P.A., non discrezionale ma vincolato, per il contrasto delle violazioni di norme tributarie.
L’assenza di discrezionalità della pretesa tributaria, tuttavia, non esclude che la P.A. operi scelte ed interpretazioni della norma che possono indurre a “modificare” la pretesa stessa. È infatti ammessa l’autotutela da parte dell’Ufficio impositore allorquando lo stesso si avveda di errori o riveda l’interpretazione di determinate disposizioni od ancora allorché venga sollecitato in tal senso dal contribuente.

L’esercizio di tale potere, rectius facoltà, da parte dell’Ufficio può riguardare la rinnovazione di un atto viziato oppure (accertamento sostitutivo) ovvero la modifica dell’accertamento in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi da parte dell’Agenzia delle Entrate (accertamento integrativo).

In ogni caso il termine per l’avviso di accertamento, rectius la notifica dello stesso (giacché solo con la notifica lo avviso acquisisce efficacia) è il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione cui lo stesso è riferibile.

Tale termine, decadenziale, è aumentato al settimo anno successivo, in caso di mancata presentazione della dichiarazione, tale termine è anche quello entro il quale può essere esercitata l’autotutela.

Ogni avviso d’accertamento deve comunque essere sottoscritto dal capo dell’Ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato.

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