” […] l’acquiescenza risultante da accettazione espressa o da atti incompatibili con la volontà di avvalersi delle impugnazioni ammesse dalla legge ne esclude la proponibilità.” (Art. 329 c.p.c.)
L’acquiescenza può essere definita come il fenomeno dell’accettazione della sentenza, prima della scadenza dei termini per impugnare, cui fa seguito l’estinzione in capo al soggetto soccombente del potere di proporre l’impugnazione in via principale.
Al pari della decorrenza dei termini di impugnazione, l’acquiescenza produce l’effetto di far divenire l’impugnazione improponibile e, se proposta, inammissibile.
Si ha acquiescenza esplicita o espressa quando viene fatta una dichiarazione con la quale la parte accetta la sentenza.
L’accettazione della sentenza significa dichiarare di non voler proporre l’impugnazione.
Si ha, di contro, acquiescenza implicita quando l’acquiescenza risulta da comportamenti incompatibili con la volontà di avvalersi dei mezzi di impugnazione.
L’acquiescenza tacita deve consistere in comportamenti non equivoci ed incompatibili con la volontà di impugnare.
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