Mediazione

Altra Ipotesi in cui le parti di una controversia civile o commerciale sono obbligate, prima di rivolgersi al giudice, ad esperire (a pena di improcedibilità della domanda) è il PROCEDIMENTO DI MEDIAZIONE.

Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, associazione in partecipazione, consorzio, franchising, opera, rete, somministrazione, società di persone e subfornitura, è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione” (art. 5 comma 1 D.Lgs. 28/10)

Le ipotesi di mediazione obbligatoria sono oggi identificate dall’art. 5, comma 1-bis, d.lgs. n. 28 del 2010 e riguardano le controversie vertenti in materia di:

  • condominio;
  • diritti reali;
  • divisione;
  • successioni ereditarie;
  • patti di famiglia;
  • locazione;
  • comodato;
  • affitto di aziende;
  • risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria;
  • risarcimento del danno derivante da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità;
  • contratti assicurativi, bancari e finanziari;
  • associazione in partecipazione;
  • consorzio;
  • franchising;
  • opera;
  • rete;
  • somministrazione;
  • società di persone;
  • subfornitura.

Per dette controversie (salvo le esclusioni previste ex lege) vige pertanto la regola della condizione di procedibilità della domanda di mediazione introdotta dal richiamato art. 5, comma 1-bis d.lgs. n. 28 del 2010.

Dalla lettura dell’elenco fornito dalla norma in commento, nonché dei criteri guida riportati nella relazione illustrativa al d.lgs. n. 28 del 2010 cui si è ispirato il legislatore delegato del 2010, appare evidente come non sia del tutto agevole definire, in concreto, l’ambito di applicazione della mediazione obbligatoria: l’elenco fornito, infatti, individua solo in modo generico le controversie assoggettate alla disciplina della mediazione obbligatoria, lasciando all’interprete il compito di comprendere se la singola controversia oggetto d’indagine sia riconducibile o meno all’interno del catalogo fornito dalla norma in questione.

La portata pratica della questione è evidente, se si pensa che, considerando una singola controversia rientrante all’interno del novero delle materie elencate dal richiamato art. 5, comma 1-bis, questa dovrà essere assoggettata al previo esperimento del procedimento di mediazione a pena dell’improcedibilità della domanda.

Pertanto, sin nella fase precedente all’eventuale pianificazione di qualunque strategia processuale, è fondamentale indagare in ordine alla circostanza se alla controversia in questione si applica o meno la disciplina della mediazione obbligatoria; ciò anche al fine di valutare (con consapevolezza) e comparare tempi, costi, obblighi (e sanzioni) relativamente al ventaglio di azioni giudiziarie ed extra-giudiziarie a disposizione (peraltro, i costi di un procedimento di mediazione variano, a volte anche sensibilmente, a seconda che si tratti di mediazione obbligatoria o meno).

Occorre dunque identificare dei parametri interpretativi da utilizzare al fine di stabilire se la controversia di volta in volta considerata sia da considerarsi compresa o esclusa dalla disciplina della mediazione obbligatoria; parametri che, si ritiene, potranno essere forniti dalla combinata analisi delle disposizioni dettate in tema di mediazione obbligatoria e dalla ratio sottesa alla relativa disciplina (così come dai criteri criteri-guida seguiti dal legislatore delegato del 2010 per la scelta delle materie da assoggettare alla mediazione obbligatoria), dai principi generali di diritto processuale civile, nonché dai principi generali delle singole materie considerate.

Difatti, sebbene il processo ordinario sia altro rispetto al procedimento di mediazione ed entrambi conservino una propria autonoma identità, è indubbio che la mediazione obbligatoria influenzi fortemente le sorti del successivo (eventuale) processo giudiziario.

Basti infatti rilevare che:

  • il procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda;
  • la mancata adesione delle parti alla proposta di accordo del mediatore determina notevoli conseguenze in ordine alle spese processuali (art. 13, d.lgs. n. 28 del 2010);
  • dalla mancata partecipazione al procedimento di mediazione senza giustificato motivo il giudice potrà desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’art. 116, comma 2, c.p.c. (art. 8, comma 4-bis, d.lgs. n. 28 del 2010);
  • la mediazione consiste in una modalità di risoluzione delle controversie alternativa (e complementare) al modello giurisdizionale ed incide sui diritti sostanziali (e processuali) della parte.

La disciplina della mediazione civile, pertanto, non va analizzata come un qualcosa a sé stante ed avulso dal contesto nel quale opera. Va invece studiata, ed interpretata, alla luce del quadro giuridico nella quale si colloca: la mediazione è parte del complessivo sistema di gestione dei conflitti civili, con la conseguenza che utili parametri interpretativi possono spesso essere forniti – con le dovute precauzioni – proprio dalle norme e dai principi generali del processo civile, specie con riferimento a quelle tematiche di maggiore contatto tra procedimento di mediazione e processo civile, come ad esempio, appunto, la questione dell’improcedibilità.

Per poteri considerare rispettata la richiamata condizione di procedibilità si considera occorre considerare i seguenti aspetti.

  1. Difesa tecnica obbligatoria: il nuovo art. 1-bis, art. 5 d.lgs. n. 28 del 2010 dispone che “chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di condominio è tenuto, assistito dall’avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto (…)”.
  2. Competenza territoriale degli organismi di mediazione: il nuovo art. 4, comma 1, d.lgs. n. 28 del 2010 dispone oggi, in seguito alla riforma del 2013, che la domanda di mediazione va presentata mediante deposito di un’istanza presso un “organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia”.
  3. Elementi essenziali dell’istanza di mediazione: a norma dell’art. 4, comma 2, d.lgs. n. 28 del 2010, la domanda di mediazione è presentata mediante deposito (presso un organismo di mediazione) di un’istanza che deve indicare l’organismo, le parti, l’oggetto e le ragioni della pretesa; tale previsione va letta in combinato disposto con la normativa dettata dall’art. 5, comma 1-bis in tema di mediazione obbligatoria, il quale prevede uno stringente collegamento tra processo civile (“azione”) e mediazione prevedendo (esperimento del procedimento di mediazione che inizia, come detto, col deposito dell’istanza di mediazione.

Di conseguenza, qualora l’istanza di mediazione sia totalmente vaga e non corrisponda alle richieste di cui in citazione, limitandosi la parte ad enunciare vagamente il proprio diritto ma senza precisare petitum non qualificando alcuna somma, essendo in tal modo l’atto di citazione difforme dalla preliminare richiesta, ci si trova di fronte ad una domanda totalmente diversa, per cui la stessa è sfornita di procedibilità.

Svolgimento del primo incontro di mediazione: il comma 2-bis del medesimo art. 5 d.lgs. n. 28 del 2010 (anch’esso inserito con la riforma del 2013) precisa che la condizione di procedibilità si considera avverata “se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo”.

Al cd. primo incontro di mediazione di cui all’art. 8, comma 1, d.lgs. 28/2010, il mediatore è chiamato a: chiarire alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione; invitare le parti (e i loro avvocati) a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione (e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento).
In caso di esito positivo, il mediatore redigerà processo verbale di avvenuta conciliazione, al quale viene allegato il testo dell’accordo raggiunto dalle parti.

L’accordo sottoscritto dalle parti e dagli avvocati, che certificano la conformità dello stesso alle norme imperative ed all’ordine pubblico, costituisce titolo esecutivo, senza la necessità di omologa da parte del Tribunale.

Al contrario, qualora non si pervenisse ad un accordo, il mediatore redigerà processo verbale nel quale verrà fatta menzione dell’esito negativo del tentativo di mediazione.