Sì al decreto ingiuntivo per il recupero dei compensi professionali

La Corte di Cassazione a sezioni Unite con Sentenza n. 19427/2021 ha statuito che “in tema di liquidazione del compenso dell’avvocato, l’abrogazione del sistema delle tariffe professionali per gli avvocati, disposta dal D.L. 24 gennaio 2012 n. 1, convertito dalla L. n. 27/2012 non ha determinato, in base al disposto del suo art. 9, l’abrogazione dell’art. 636 c.p.c. Anche a seguito dell’entrata in vigore del D.L. n. 1/2012, convertito dalla L. n. 27/2012, l’avvocato che intende agire per la richiesta dei compensi per prestazioni professionali può avvalersi del procedimento per ingiunzione regolato dagli artt. 633 e 636 c.p.c. ponendo a base del ricorso la parcella delle spese e prestazioni, munita della sottoscrizione del ricorrente e corredata dal parere della competente associazione professionale, il quale sarà rilasciato sulla base dei parametri per compensi professionali di cui alla L. 31 dicembre 2012, n.247 e di cui ai relativi Decreti Ministerali attuativi”.

 

È stato dunque confermato che gli strumenti processuali utilizzabili dall’avvocato per ottenere il pagamento del compenso per la propria prestazione sono due:

1) il procedimento per decreto ingiuntivo ai sensi degli artt. 633 e ss;

2) lo speciale procedimento previsto dell’art. 28 L. 13 giugno 1942 n. 794, nel testo sostituito dal D. lgs 1° settembre 2011 n. 150 art. 14.

Devono pertanto ritenersi esclusi il rito ordinario e quello sommario.

 

La Corte ha inoltre specificato che il procedimento monitorio richiede necessariamente la prova del credito, che deve essere data dalla combinazione di due elementi: in primo luogo, la parcella sottoscritta dal ricorrente, la cui funzione è quella di provare l’effettuazione delle prestazioni e delle spese.

In secondo luogo, è necessario il parere del competente organo professionale, la cui funzione è proprio quella di esprimere un giudizio critico sulla parcella.

Il parere non si rende necessario nel caso in cui l’ammontare del credito sia determinato in base a tariffe obbligatorie e dunque il giudice non può che attenersi alle stesse, senza avere margine di valutazione. A tale ipotesi viene equiparato il caso in cui, pur prevedendo le tariffe importi variabili tra un massimo e un minimo, il compenso sia stato richiesto nella misura minima.

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