Risarcimento danni

Assistiamo chiunque abbia subito un danno ingiusto, patrimoniale o meno, da una condotta illecita altrui, e ne chieda il risarcimento, ricorrendo, eventualmente, alla Giustizia per far valere i propri diritti.

Il risarcimento è il ristoro dovuto a chi subisce un danno di natura patrimoniale o non patrimoniale e la “lesione” può nascere da una condotta illecita extracontrattuale o contrattuale.

Responsabilità extracontrattuale

Nel nostro ordinamento vige il principio del neminem laedere il quale prevede che ciascuno deve comportarsi in modo da non recare pregiudizio agli altri.

Questo principio è contemplato dall’art. 2043 C.C. che disciplina l’illecito extracontrattuale ed è applicabile nei casi in cui un soggetto viola una regola di civile convivenza tenendo una condotta scorretta, intenzionale o dettata da scarsa attenzione e coscienza crea un danno altrui.

L’illecito civile è strutturalmente composto da una condotta materiale antigiuridica dolosa o colposa, un nesso di causa e un danno ingiusto.

Gli elementi che ne derivano sono:

  • condotta antigiuridica: l’illecito civile si configura quindi nel momento in cui si viola una norma civilistica. Trattasi di un illecito atipico, poiché comprende tutti i casi in cui una condotta intenzionale o colposa lieve o grave, attiva od omissiva, causa un danno;
  • nesso di causalità: un soggetto tuttavia è responsabile dell’obbligo risarcitorio solo se la sua condotta è ricollegabile causalmente all’evento dannoso;
  • danno ingiusto: la norma dispone: “Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che lo ha commesso a risarcire il danno.” L’ingiustizia può essere fatta valere dalla parte che ha subito il danno ogni volta in cui è frutto di una condotta contraria alla legge.

Responsabilità contrattuale

La disciplina civilistica prevede il risarcimento del danno anche in caso di violazione degli obblighi contrattuali. La responsabilità contrattuale si configura nel caso in cui il soggetto obbligato non adempie l’obbligazione prevista dall’accordo intercorso, ma anche in presenza di un adempimento inesatto o tardivo.
Fonti dell’obbligo contrattuale non sono solo i contratti.

Le fonti sono infatti tipiche (contratti) e atipiche (legge, arricchimento senza causa, promesse unilaterali, contatto sociale, gestione di affari, pagamento dell’indebito e qualunque altro atto o fatto idoneo). Il debitore nell’adempiere l’obbligazione contrattuale deve uniformarsi alla condotta del buon padre di famiglia, mentre in caso di comportamento negligente è responsabile per colpa e deve risarcire il danno. Questo in linea generale.

In caso di obbligazioni derivanti dallo svolgimento di attività professionale infatti il grado di diligenza richiesta deve essere commisurato al tipo di prestazione ed è pertanto è superiore a quella media del pater familias.

Il risarcimento e l’indennizzo

Contrariamente al risarcimento del danno, dovuto in caso di condotte illecite, l’indennizzo è previsto al di fuori di comportamenti che si pongono in contrasto con l’ordinamento. In queste situazioni la legge prevede che venga riconosciuto al soggetto leso un importo in grado di riequilibrare una situazione che presenta il solo rischio di diventare illecita.

Inoltre, mentre il risarcimento ha la finalità di ripristinare la situazione preesistente al danno, l’indennizzo ha una mera funzione riparatoria, che non è necessariamente commisurata al pregiudizio (art. 2045 c.c.: se un soggetto tiene una condotta pregiudizievole per la necessità di salvare se stesso o altri dal pericolo di un danno grave e inevitabile, al danneggiato spetta un indennizzo a titolo di equa riparazione, la cui entità è rimessa all’apprezzamento del Giudice).

Il risarcimento del danno non patrimoniale

Le sentenze gemelle S.U. n. 26972 – 26973 – 26974 – 26975/ 2008, hanno chiarito definitivamente quali sono le voci risarcibili di cui è possibile chiedere il ristoro in caso di danno (lesioni) alla persona.

Sinteticamente il contenuto è il seguente: “La categoria del danno non patrimoniale attiene ad ipotesi di lesione di interessi inerenti alla persona, non connotati da rilevanza economica o da valore scambio ed aventi natura composita, articolandosi in una serie di aspetti (o voci) con funzione meramente descrittiva (danno alla vita di relazione, danno esistenziale, danno biologico, ecc.); ove essi ricorrano cumulativamente occorre, quindi, tenerne conto, in sede di liquidazione del danno, in modo unitario, al fine di evitare duplicazioni risarcitorie, fermo restando, l’obbligo del giudice di considerare tutte le peculiari modalità di atteggiarsi del danno non patrimoniale nel singolo caso, mediante la personalizzazione della liquidazione (Cass. n. 21716/2013; n. 1361/2014; S.U. n. 26972/2008).

Non è, pertanto, ammissibile nel nostro ordinamento l’autonoma categoria del “danno esistenziale” in quanto tutti i pregiudizi di carattere non economico, concretamente patiti dalla vittima, rientrano nell’unica fattispecie del “danno non patrimoniale” di cui all’art. 2059 c.c.

Tale danno, infatti, in base ad una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c., costituisce una categoria ampia, comprensiva non solo del c.d. danno morale soggettivo, ma anche di ogni ipotesi in cui si verifichi un’ingiusta lesione di un valore inerente alla persona, dalla quale consegua un pregiudizio non suscettibile di valutazione economica, purché la lesione dell’interesse superi una soglia minima di tollerabilità (giacché il dovere di solidarietà di cui all’art. 2 Cost. impone di tollerare le intrusioni minime nella propria sfera personale, derivanti dalla convivenza) e purché il danno non sia futile e, cioè, non consista in meri disagi o fastidi (Cass. n. 26972/2008; n. 4053/2009).

Alla luce della bi-polarità tra danno patrimoniale (art. 2043 c.c.) e danno non patrimoniale (art. 2059 c.c.), si ritiene, infine, che quest’ultimo debba essere risarcito non solo nei casi previsti dalla legge ordinaria, ma anche ove ricorra la lesione di valori della persona costituzionalmente protetti cui va riconosciuta la tutela minima risarcitoria (Cass. n. 15022/2005).

Ne emerge che il danno non patrimoniale comprende le categorie descrittive del biologico, morale ed esistenziale, che non rappresentano pertanto voci distinte e autonome.

Risarcimento del danno patrimoniale

Il danno patrimoniale si verifica ogni volta in cui un soggetto subisce ripercussioni negative sul patrimonio a causa di un inadempimento contrattuale o un illecito extracontrattuale.

I criteri per determinarlo sono stabiliti dagli artt. 1223, 1226 e 2056 C.C. e le voci che lo compongono sono: il danno emergente (ovvero attuale e immediato che si realizza con la diminuzione delle sostanze patrimoniali, come a mero titolo esemplificativo le spese mediche per un intervento correttivo dopo una prestazione errata, spese di riparazione dell’automobile cagionate da un sinistro stradale); ed il lucro cessante (danno futuro che si manifesta attraverso il mancato guadagno e la perdita di future opportunità lavorative).

Alcune fattispecie frequenti