Legge Cirinnà (Legge n. 76/2016): unioni civili e regolamentazione delle convivenze di fatto

Tramite la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del D.P.C.M. 23 luglio 2016, n. 144, relativo al Regolamento recante disposizioni transitorie necessarie per la tenuta dei registri nell’archivio dello stato civile, ai sensi dell’art. 1, comma 34, L. 20 maggio 2016, n. 76 (Legge Cirinnà), è possibile celebrare le cd. unioni civili.

Nello specifico, l’art. 1 del citato Decreto prevede che al fine di costituire un’unione civile, ai sensi della normativa menzionata, due persone maggiorenni, dello stesso sesso, fanno congiuntamente richiesta all’ufficiale dello stato civile del Comune di loro scelta.

Nella richiesta di costituzione dell’unione civile, ciascuno, deve dichiarare:

  1. il nome e il cognome, la data e il luogo di nascita;
  2. la cittadinanza e il luogo di residenza;
  3. l’insussistenza delle cause impeditive alla costituzione dell’unione (ad esempio, ex multis, la sussistenza, per una delle parti, di un vincolo matrimoniale o di un’unione civile, l’interdizione di una delle parti per infermità di mente; ecc.).

Una volta verificati i requisiti e i presupposti, l’ufficiale dello stato civile redige immediatamente processo verbale della richiesta e lo sottoscrive, unitamente alle parti, che invita, dandone conto nel verbale, a comparire di fronte a sé in una data, indicata dalle parti, per rendere congiuntamente la dichiarazione costitutiva dell’unione.

Entro quindici (15) giorni dalla presentazione della richiesta, l’ufficiale preposto verifica l’esattezza delle dichiarazioni relative alla richiesta e può acquisire eventuali documenti che ritenga necessari per provare l’inesistenza delle cause impeditive previste dalla legge.

Come viene costituita quindi l’unione civile?

Le parti – nel giorno indicato nell’invito – rendono personalmente e congiuntamente, alla presenza di due testimoni, avanti all’ufficiale dello stato civile del Comune ove è stata presentata la richiesta, la dichiarazione di voler costituire un’unione civile.

Nella dichiarazione le parti confermano l’assenza delle cause impeditive e l’ufficiale, ricevuto il documento, dichiara che con la costituzione dell’unione civile tra persone dello stesso sesso le parti acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri (dall’unione in esame, infatti, derivano impegni quali l’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale, alla coabitazione, entrambe le parti sono tenute, ciascuna in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale e casalingo, a contribuire ai bisogni comuni, le parti devono, inoltre, concordare l’indirizzo della vita familiare e stabilire la residenza comune).

Espletato tale incombente, il celebrante redige apposito processo verbale, sottoscritto unitamente dalle parti e dai testimoni, cui allega il verbale della richiesta: seguirà la registrazione degli atti mediante iscrizione nel registro provvisorio delle unioni civili e saranno oggetto di annotazione nell’atto di nascita di ciascuno.

Per quel che concerne la definizione dell’unione civile nei documenti e atti in cui è prevista l’indicazione dello stato civile, per le parti dell’unione civile sono riportate, a richiesta degli interessati, le seguenti formule: “unito civilmente” o “unita civilmente”.

Per quanto interessa la scelta del cognome comune, nella dichiarazione di cui all’art. 3, le parti possono indicare il cognome comune che hanno stabilito di assumere per l’intera durata dell’unione con facoltà per la parte di voler anteporre o posporre il proprio cognome, se diverso, a quello comune. A seguito di siffatta dichiarazione i competenti uffici procedono alla annotazione nell’atto di nascita e all’aggiornamento della scheda anagrafica.

Da ultimo, se il legame affettivo relativo all’unione civile viene meno, è possibile sciogliere il rapporto come avviene nel matrimonio.

Ogni partner può chiedere il “divorzio” in qualunque momento anche, e se, l’altro non è d’accordo. Anche in simili casi si deve formalizzare lo scioglimento del legame, e quando si formalizza la separazione la coppia si considera ufficialmente sciolta.

A differenza di quello che avviene nel matrimonio, la modalità è più rapida:

1) non si deve avviare la separazione;

2) è sufficiente che i partner comunichino all’Ufficiale di Stato Civile, anche non congiuntamente, l’intenzione di dividersi.

La domanda di divorzio può essere proposta una volta trascorsi tre (3) mesi: questo termine che deve intercorrere tra la manifestazione di volontà dinanzi all’ufficiale di stato civile e la proposizione della domanda giudiziale è lo spatium deliberandi che la legge impone ai partners che decidono di sciogliere il proprio vincolo, in assenza di una delle cause previste dalla legge.

Non esiste, pertanto, un periodo di affievolimento del vincolo come nel matrimonio, è sufficiente che la domanda di divorzio sia preceduta da una manifestazione di volontà presentata all’Ufficiale dello Stato Civile almeno tre mesi prima.

Il divorzio dovrà inoltre regolare gli aspetti patrimoniali tra i partner con la possibilità di riconoscere – alla parte economicamente più debole – il diritto agli alimenti e l’assegnazione della casa nella quale la coppia aveva fissato la propria residenza.

Sul punto, degna di nota, una recentissima ordinanza emessa dal Tribunale di Pordenone del 13 marzo 2019 che ha stabilito, nel caso di scioglimento di una unione civile, come al fine della determinazione dell’assegno in favore di una delle parti si debba far riferimento ai criteri enunciati dalla nota sentenza delle Sezioni Unite nn. 18278/2018 in tema di assegno di divorzio: a tal fine, deve essere pure valutato il periodo di convivenza anteriore all’entrata in vigore della legge n. 76/2016.

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