La domanda di rendiconto è proponibile anche dopo lo scioglimento della comunione ereditaria

Con ordinanza n. 18857 del 16 luglio 2018, la Cassazione civile, sez. II, in tema di divisione ereditaria, ha affermato che l’azione di rendiconto tra gli eredi è distinta ed autonoma rispetto alla domanda di scioglimento della comunione e può essere proposta autonomamente anche ove siano già definite le questioni relative alla divisione ereditaria, non sussistendo reciproca pregiudizialità o condizionamento tra le due azioni.

Con la pronuncia in commento la Corte consolida l’orientamento secondo cui nell’ambito dei rapporti tra coeredi, la resa dei conti di cui all’art. 723 cod. civ., oltre che operazione inserita nel procedimento divisorio, può anche costituire un obbligo a sé stante, fondato – così come avviene in qualsiasi situazione di comunione – sul presupposto della gestione di affari altrui condotta da uno dei partecipanti.

Ne consegue che l’azione di rendiconto (nel caso di specie, sui frutti dei beni caduti in eredità) può presentarsi anche distinta rispetto alla domanda di scioglimento della comunione pur se le due domande abbiano dato luogo ad un unico giudizio, tale che le medesime possono essere scisse e decise senza reciproci condizionamenti (Cass. civ., Sez. 2, Sentenza n. 30552 del 30/12/2011).

Giova evidenziare che il rendiconto, ancorché per il disposto dell’art. 723 cod. civ. costituisca operazione contabile che deve necessariamente precedere la divisione, in quanto preliminare alla determinazione della quota spettante a ciascun condividente, non si pone tuttavia in rapporto di pregiudizialità con la proposizione della domanda di divisione giudiziale, ben potendosi richiedere la divisione giudiziale ex art. 1111 cod. civ. a prescindere dal rendiconto, a tanto potendosi e dovendosi provvedere nel corso del giudizio di divisione.

Nell’ordinanza in commento la Suprema Corte evidenzia che la ratio dell’obbligo del rendiconto deve essere individuata nel fatto che chiunque svolga attività nell’interesse di altri è tenuto a portare a conoscenza di questi, secondo il principio della buona fede, gli atti posti in essere ed in particolare, quegli atti e fatti da cui scaturiscono partite di dare e avere.

In particolare, in tema di divisione ereditaria, tra coeredi la resa dei conti di cui all’art. 723 cod. civ., oltre che operazione inserita nel procedimento divisorio e quindi finalizzata a calcolare, nella ripartizione dei frutti, le eventuali eccedenze attive o passive della gestione e di definire conseguentemente tutti i rapporti inerenti alla comunione, può anche costituire obbligo a sé stante. L’autonomia dell’obbligo di rendiconto (e della relativa azione) si fonda, al pari di quanto può avvenire in qualsiasi caso di comunione, sul presupposto della assunzione volontaria – ovvero del conferimento di specifico mandato ad amministrare – della gestione di affari altrui condotta da alcuno dei partecipanti (Cass. civ., Sez. 2, n. 30552 del 30.12.2011; in senso conforme, Cass. civ. n. 6358 del 1993, n. 5720 del 1984).

Per tale via la Corte ammette pacificamente che le “le due domande possono essere scisse e ciascuna può essere decisa senza reciproci condizionamenti”, salvo che sussista la comunanza di eventuali questioni pregiudiziali, attinenti, ad esempio, all’individuazione dei beni caduti in successione o all’identità delle quote dei coeredi, da risolvere incidenter tantum o con efficacia di giudicato ex art. 34 cod. proc. civ.

Nel caso di specie, come correttamente ritenuto dalla ricorrente, le questioni pertinenti alla divisione ereditaria sono state definite e, dunque, è da ritenersi ammissibile la domanda di rendiconto, avente ad oggetto la condanna alla restituzione dei frutti per canoni percepiti degli immobili caduti in successione ed oggetto del giudizio di divisione ereditaria già concluso, potendo la resa dei conti essere chiesta indipendentemente dalla divisione, e, se pure introdotta insieme a quest’ultima, per l’affermata autonomia, essere decisa anche separatamente dalla prima.

Del resto, tale opzione ermeneutica trova diretto riscontro nella lettera dell’art. 723 cod. civ. – la cui rubrica reca “Resa dei conti” – che prevede che dopo la vendita, se ha avuto luogo, dei mobili o degli immobili, si procede ai conti che i condividenti si devono rendere, e, tra l’altro, ai conguagli o rimborsi che essi si devono tra loro, e, quindi, anche alla restituzione dei frutti percepiti dai beni oggetto del giudizio di divisione, dovendo ritenersi la domanda di restituzione dei frutti ricompresa nella suddetta resa.

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