Illegittimità costituzionale delle norme che attribuiscono automaticamente il cognome del padre ai figli

In data 27 aprile 2022 la Corte Costituzionale ha pronunciato l’illegittimità costituzionale di tutte quelle norme che non consentono ai genitori, di comune accordo, di attribuire al figlio il solo cognome della madre, e che, in mancanza di accordo, attribuiscono automaticamente al figlio il cognome paterno, anzichè quello di entrambi i genitori.

A tal riguardo, l’art. 262 c.c. prevede che il figlio debba assumere il cognome del genitore che per primo lo abbia riconosciuto, ma se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio assume il cognome del padre. 

Qualora, invece, la filiazione nei confronti del padre sia accertata, o riconosciuta successivamente al riconoscimento da parte della madre, il figlio può assumere il cognome del padre aggiungendolo o sostituendolo a quello della madre.

Tali disposizioni sarebbero, secondo la Corte, discriminatorie e lesive dell’identità personale del figlio, oltre che contrarie ai principi di eguaglianza morale e giuridica dei genitori, i quali devono poter condividere la scelta sul cognome della prole.

Nell’attesa del deposito della sentenza, l’Ufficio comunicazione e stampa della Corte Costituzionale ha reso noto che le norme sono state dichiarate illegittime per contrasto con gli artt. 2, 3 e 117 primo comma della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli artt. 8 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

Per effetto della decisione, la regola diviene che il figlio assume il cognome di ambedue i genitori nell’ordine dagli stessi concordato, salvo che essi decidano di comune accordo di attribuire soltanto il cognome di uno dei due. 

In mancanza di accordo sull’ordine di attribuzione del cognome di entrambi i genitori, resta salva la possibilità di richiedere l’intervento del giudice.

La vicenda che ha dato le mosse a questa rivoluzionaria pronuncia della Corte Costituzionale riguarda la richiesta di due genitori, rivolta al Tribunale di Bolzano, di poter attribuire al figlio esclusivamente il cognome della madre, poiché ritenuto maggiormente idoneo ad esprimere la sua identità e le sue origini. 

Il Tribunale, ravvisato il contrasto con gli artt. 2 e 3 della Costituzione, promuoveva un giudizio di legittimità costituzionale sollecitando un controllo sulla compatibilità dell’art. 262 c.c., con le norme ed i principi costituzionali in tema di eguaglianza tra uomo e donna e tutela dell’identità personale. 

Volgendo invece lo sguardo più indietro, determinante per raggiungere questo traguardo fu certamente la pronuncia n. 286 del 2016, a mezzo della quale la Corte Costituzionale consentiva ai genitori, se d’accordo, di attribuire al figlio il doppio cognome, posponendo quello della madre a quello del padre. 

Già due anni prima, nel 2014, la Corte europea dei diritti umani aveva condannato l’Italia per aver negato ad una coppia la possibilità di trasmettere alla figlia il cognome della madre in luogo di quello del padre. In tale occasione, la Corte sostenne che dare ai figli il cognome della madre fosse un diritto ed esortava l’Italia ad adeguarsi a tale principio, a mezzo di riforme legislative o di altra natura. Purtroppo a tale invito non conseguì, al tempo, alcun adattamento normativo.

A seguito dei recenti avvenimenti, invece, sarà compito del legislatore regolare tutti gli aspetti connessi alla decisione assunta dalla Corte Costituzionale, di modo che le disposizioni normative in vigore non siano in contrasto con i principi della Costituzione. 

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