Figlio maggiorenne convivente con genitore separato: chi riceve il contributo per il mantenimento?

Il genitore, separato o divorziato, tenuto al mantenimento del figlio maggiorenne non economicamente autosufficiente e convivente con l’altro genitore, non può pretendere, in assenza di una specifica domanda in tal senso del figlio, di adempiere la propria prestazione nei confronti di quest’ultimo anziché dell’ex coniuge.

Pure a seguito dell’introduzione dell’art. 155 quinquies c.c. (ad opera della legge 8 febbraio 2006, n. 54), sia il figlio (titolare del diritto al mantenimento), che il genitore col medesimo convivente (titolare del diritto a ricevere il contributo dell’altro genitore alle spese necessarie per il suo mantenimento, cui materialmente provvede), risultano titolari di diritti autonomi, benché concorrenti: ne deriva che entrambi sono legittimati a percepire l’assegno dal genitore obbligato.

Lo ha stabilito la Cassazione civile, sez. I, con una recente ordinanza del 9 luglio 2018, n. 18008.

Tale principio nasce dalla vicenda per cui, in sede di divorzio, il marito era stato obbligato a versare un contributo mensile pari a 3.000,00= euro, a titolo di mantenimento dei tre (3) figli maggiorenni, tuttavia solamente nei confronti di uno di questi il Tribunale aveva disposto il versamento della relativa quota, direttamente in favore della madre con la quale il ragazzo, appunto,  conviveva.

Il marito-padre ricorrente proponeva appello, ma la Corte territoriale confermava la pronuncia impugnata, ritenendo che la regola della corresponsione diretta della somma per il mantenimento del figlio maggiorenne, bensì non economicamente sufficiente, di cui all’art. 337 septies c.c., sia suscettibile di deroga nell’ipotesi in cui il figlio coabiti con uno dei genitori, anche in considerazione degli oneri della convivenza gravanti su quest’ultimo.

Le doglianze avanzate vertevano sulla circostanza che la Corte aveva errato nel disporre il versamento del mantenimento dovuto al figlio maggiorenne, direttamente alla ex moglie, e sulla base della sola convivenza, senza che sussistessero gravi e motivate ragioni per escludere la corresponsione diretta al figlio.

I giudici togati, nel rigettare il ricorso, hanno spiegato che sia il figlio non economicamente autosufficiente, che il coniuge separato sono titolari di diritti autonomi, benché concorrenti, e ciò in quanto :

– il primo è titolare del diritto al mantenimento;

– il secondo (genitore collocatario) è titolare del diritto a ricevere il contributo dell’altro genitore alle spese necessarie per il mantenimento, cui di fatto provvede.

Ne discende che il genitore tenuto a versare l’assegno di mantenimento, non può optare se adempiere verso la madre, ovvero nei confronti del figlio maggiore di età e, in assenza di una espressa istanza in tal senso da parte del figlio, è legittimo ritenere che il padre sia tenuto a versare l’assegno di mantenimento alla madre con cui coabita il ragazzo.

Gli Ermellini, nella pronuncia in commento, hanno tenuto fede allo stabile orientamento giurisprudenziale secondo cui il genitore separato, o divorziato, tenuto al mantenimento del figlio maggiorenne non economicamente autosufficiente e convivente con l’altro genitore, non può pretendere, in mancanza di una specifica domanda del figlio, di assolvere la propria prestazione verso quest’ultimo, piuttosto che nei confronti dell’altro genitore.

In definitiva, il genitore obbligato al mantenimento non vanta autonomia alcuna nella scelta del soggetto nei cui confronti adempiere e, più in particolare, nell’opzione tra madre e figlio.

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