È lecito registrare una telefonata? E pubblicarne il contenuto?

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 16886 del 2007 (e succ. Cass. 18908/2011 e Cass. 24288/2016), si è espressa in punto stabilendo che sia possibile registrare una conversazione tra persone entrambe presenti, anche senza il consenso di questi, e dunque a sua insaputa, purché siano rispettate due condizioni, ossia:

 

  • la registrazione non deve avvenire nella privata dimora dell’interlocutore, nella sua automobile o sul luogo di lavoro dello stesso;
  • alla conversazione deve partecipare anche il soggetto che registra. Sarebbe dunque illegittimo lasciare una microspia o un microfono in una stanza e allontanarsi nell’attesa che l’altro rilasci le dichiarazioni sperate.

 

Queste regole possono applicarsi anche alle conversazioni telefoniche e alle videochiamate. Di conseguenza, deve ritenersi lecita condotta di chi registra una telefonata, sempre che stia partecipando alla conversazione. Questo perché secondo la Corte la registrazione non è altro che un modo di immagazzinare e fissare su una memoria elettronica delle informazioni di cui il soggetto è già in possesso, avendole udite e memorizzate.

È invece illecito, ad esempio, ottenere la registrazione grazie all’installazione di telecamere nascoste o di un software apposito sul telefono dell’interlocutore. In questo caso la condotta integra il reato di “interferenza illecita nella vita privata altrui”, previsto all’art. 615 bis del Codice penale.

 

I file audio-video legittimamente ottenuti possono poi essere utilizzati per sporgere querela o utilizzati come prova in giudizio. Lo stesso Codice della Privacy consente esplicitamente l’utilizzo della registrazione così ottenuta “per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento”.

 

Non è invece consentito rendere pubblica la registrazione o il suo contenuto, ad esempio attraverso i social, a meno che si distorca il suono in modo da non consentire di risalire all’autore delle dichiarazioni. Allo stesso modo non è possibile divulgare la registrazione attraverso chat o altre piattaforme.

 

La legge, dunque, vieta solo ed esclusivamente la diffusione della conversazione, a meno che vi sia il consenso di tutti coloro che vi hanno partecipato. In caso contrario, infatti, si configurerebbe il reato di “trattamento illecito di dati” previsto dall’art. 167 del Codice della Privacy (Cass. 18908/2011).

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