Assegno divorzile: natura assistenziale e perequativo-compensativa

Con una recentissima ordinanza del 16 gennaio 2020, la n. 765, la VI Sezione Civile della Corte di Cassazione (richiamata la nota pronuncia del 2018, n. 18287, delle Sezioni Unite) ha ribadito il principio per cui “all’assegno divorzile in favore dell’ex coniuge deve riconoscersi, oltre alla natura assistenziale, anche quella perequativo-compensativa, la quale discende, in modo diretto, dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà, e conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge istante, non il conseguimento dell’autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, ma il raggiungimento, in concreto, di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate”. 

Nel contesto del giudizio di scioglimento di un matrimonio il giudice dell’appello confermava la decisione assunta in primo grado, relativamente alle statuizioni economiche poste a carico dell’ex marito e consistenti in:

– un assegno divorzile di €. 350,00 mensili in favore della ex moglie;

– un contributo al mantenimento per il figlio minorenne per €. 850,00= mensili e partecipazione alle spese straordinarie nella misura del 70%.

Nel caso di specie, il giudice di seconde cure, nel riconoscere il diritto all’assegno e nel determinarne l’ammontare, aveva tenuto conto delle risorse sia economiche che reddituali di entrambi gli ex coniugi, non perseguendo una diversificazione reddituale, ma valutando il caso concreto e le vicende, per perseguire la finalità assistenziale, perequativa, compensativa, attribuita a tale assegno.

Ed ancora, secondo gli ermellini, il giudice di seconde cure ha riconosciuto il diritto all’assegno divorzile in misura pari a €. 350,00= mensili non per assicurare il pregresso tenore di vita, ma soltanto per mantenere le condizioni di vita adeguate al progetto familiare e sociale, che in seguito era stato interrotto con l’insorgere della crisi familiare, dando conto:

  • dell’attività lavorativa svolta sia dalla moglie che dal marito,
  • dalla circostanza che la ex moglie aveva lasciato la sua terra natia (Su America) nel 1999, al fine di trasferirsi in Italia col marito,
  • che la donna si era dedicata alla famiglia, nei primi anni di matrimonio, in ragione della nascita del figlio, fino a quando, in occasione della separazione, aveva intrapreso un’attività professionale,
  • che la medesima donna aveva reperito un alloggio dove vivere col figlio, non potendo più beneficiare dell’alloggio di servizio che era assegnato al coniuge provvedendo a versare, in prima battuta un canone locatizio di euro 630 mensili e, in seguito, avendo acquistato un’abitazione propria, si era accollata la rata di mutuo di pari importo,
  • che anche la donna provvedeva al mantenimento del figlio.

Tanto considerato, per i giudici la decisione resa dai colleghi di merito non risulta inficiata dal vizio di violazione di legge come invece invocato dal rincorrente.

 

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