Arricchimento senza giusta causa

Il richiedente riferiva di coabitare con una signora, presso un immobile di proprietà della medesima, da lui ristrutturato ed arredato nel corso della convivenza.

A seguito di un litigio la proprietaria esprimeva l’intenzione di allontanare il convivente dalla casa “familiare”, senza nulla riconoscere al medesimo per le opere di ristrutturazione o per i mobili e senza dare allo stesso la possibilità di asportare i medesimi.

Chiedeva, quindi, se vi fosse modo di recuperare quanto speso.

La risposta

Tralasciando, in questa sede, ogni discorso relativo al diritto personale di godimento dell’immobile adibito a casa “familiare” che al convivente non proprietario è stato in alcune occasioni riconosciuto dalla giurisprudenza, si osserva come la convivenza sia una situazione di fatto, pressoché priva di specifiche tutele e riconoscimenti giurisdizionali, salvo talune recenti norme.

Relativamente, invece, alle spese sostenute si evidenzia come la fattispecie parrebbe rientrare nell’alveo dell’iniusta locupletatio, cioè l’indebito arricchimento disciplinato dall’art. 2041 c.c.

Tale ingiustificato arricchimento è fonte dell’obbligo di indennizzare il danneggiato dal pregiudizio subito e, quando l’arricchimento ha per oggetto una cosa determinata, è fonte dell’obbligo di restituzione.
L’arricchimento può consistere sia in un incremento patrimoniale sia in un risparmio di spesa da parte dell’arricchito, al quale deve corrispondere un eguale esborso da parte del danneggiato.

Per essere indebito tale arricchimento deve essere sprovvisto di “giusta causa”.

Con tale espressione non si intende certo la mancanza di motivo, bensì l’assenza di interesse meritevole di tutela: quando cioè l’impoverimento non appaia remunerato e non costituisca adempimento di una obbligazione.
Dalle sommarie informazioni fornite pare che le spese per la ristrutturazione e per l’arredamento dell’immobile fossero state sostenute per l’affidamento che riponeva nella convivenza e nella conseguente coabitazione.

Ove venisse meno tale requisito le spese, prima facie, parrebbero divenire prive di “giusta causa” e potrebbe sorgere, quindi, il diritto all’indennizzo ed alla restituzione dei mobili.
Per la tutela di tale diritto, ove la proprietaria non lo riconosca e vi provveda spontaneamente, l’unico rimedio esperibile è quello dell’azione giudiziaria.

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